Cultura

L’ora degli investitori istituzionali azionisti pesanti

I fondi pensione faranno presto irruzione nel mercato finanziario. Riusciranno a imporre nuove regole di corporate governance?

di Ida Cappiello

Il sindacalista Beniamino La Padula, responsabile del dipartimento Politiche previdenziali e Welfare della Cgil. Vita: Il crack della Enron ha visto il fondo pensione dei dipendenti nel ruolo di un soggetto totalmente passivo (se non connivente) rispetto ai poteri aziendali: lungi dall?esercitare un ruolo di vigilanza, si è trasformato in una trappola che ha inghiottito i risparmi del lavoratori. Il sistema italiano prevede meccanismi di tutela per evitare che possa succedere qualcosa di simile? Beniamino La Padula: è un problema che si pone soltanto in prospettiva, perché oggi in Italia i fondi pensione contrattuali muovono una massa finanziaria molto modesta, intorno al milione e mezzo di euro. In ogni caso, le regole ci sono e sono stringenti: non è concesso detenere più del 5% delle azioni con diritto di voto della stessa azienda, mentre per i fondi di categoria è vietato investire più del 30% delle risorse del fondo stesso in aziende del settore di riferimento. Sono vietati del tutto i fondi a bilancio delle aziende. La trasparenza è garantita anche dalla totale separazione di competenze tra il fondo, la società di gestione dei risparmi e la banca depositaria dei contributi. Vita: I fondi pensione contrattuali potranno giocare un ruolo determinante nell?equilibrio dei poteri all?interno delle imprese, diventando un elemento di partecipazione dei lavoratori? La Padula: Nel progetto del sindacato, il fondo pensione non è solo un modo di gestire il risparmio, ma certamente anche uno strumento possibile di democrazia economica. A differenza dei fondi pensione di vecchia generazione, qui parliamo di un?associazione paritetica di lavoratori e imprese che potrà diventare un soggetto rilevante nella corporate governance. A patto che acquisiscano una dimensione tale da poter contare. Il ruolo del sindacato in questo senso è importante: dove è presente, i fondi pensione hanno avuto maggiori consensi perché i lavoratori sono più informati. L?adesione al fondo però deve rimanere una libera scelta del lavoratore e, almeno in questa fase, una forma di previdenza complementare al sistema pubblico e non sostitutiva, come vorrebbe il governo. Vita: è per questo che siete contrari all?obbligatorietà dei versamenti del Tfr al fondo pensione? La Padula: Ci opponiamo alla proposta del ministro Tremonti perché i lavoratori devono poter scegliere, anche perché rischiano in proprio affidando il Tfr al fondo. Abbiamo invece proposto il silenzio-assenso, dunque la confluenza automatica degli accantonamenti salvo volontà contraria del lavoratore: incentivo sì, obbligo no. Vita: Le imprese italiane temono che la rinuncia al Tfr provocherebbe una crisi finanziaria nelle realtà medio-piccole? La Padula: Considero la posizione di Confindustria strumentale. Uno studio recente dell?Abi stima nello 0,49% l?onere finanziario per le imprese legato allo smobilizzo dei Tfr, molto basso dunque; per le piccole imprese sono già previste agevolazioni. La verità è che si vuole smantellare la previdenza pubblica usando come strumento i fondi pensione. Vita: Gli investitori istituzionali nel mondo anglosassone sono attenti alla finanza socialmente responsabile, come fattore di profittabilità nel lungo periodo. Accadrà anche da noi? La Padula: È un tema sul quale siamo mobilitati da tempo, anche a livello internazionale c?è dibattito. In questa chiave, un fondo pensione che conta può certamente premiare i comportamenti aziendali responsabili facendosi portatore nel mondo finanziario di valori che il sindacato ha sempre condiviso. Lo studioso Carlo Bellavite Pellegrini, docente di Finanza aziendale all?Università Cattolica di Milano. Vita: Il caso Enron è un esempio limite di quanto ?torbida? possa diventare la gestione di una società, persino nel Paese ritenuto all?avanguardia per la trasparenza. Potrebbe accadere anche da noi? Carlo Bellavite Pellegrini: A dire il vero, un caso simile è già accaduto venti anni fa. Il crack del Banco Ambrosiano ha alcune analogie sorprendenti con il caso Enron. Nel caso italiano e nel caso americano abbiamo, ad esempio , una rete di società ?esotiche? utilizzate per far sparire i miliardi. C?è da dire che l?Italia di allora non è, d?altra parte, gli Stati Uniti di oggi, quanto a grado di efficienza del mercato, eppure gli scandali finanziari ci sono ancora. Le norme più rigorose non servono quando viene a mancare un minimo di etica degli affari. Credo però che la trasparenza sia soprattutto questione morale e che non si possa imporre. Vita: Però alcune regole sono necessarie. In Italia, oggi, i piccoli azionisti sono tutelati meglio rispetto a vent?anni fa? Bellavite Pellegrini: Certamente, la legge Draghi (il testo unico delle Finanze del 1998, ndr) è stata un grande passo avanti verso la trasparenza. Insisto però sul fatto che il rispetto verso gli stakeholder è soprattutto un fatto deontologico. Credo molto nel valore dei codici di autoregolamentazione, più che nelle norme coercitive. Il Codice Preda è un ottimo punto di riferimento: una delle raccomandazioni che contiene e che considero fondamentale è quella di avere nel consiglio di amministrazione delle società quotate un gruppo di amministratori indipendenti. Purtroppo è largamente inattuato. Vita: Che cosa suggerisce per attuarlo? Bellavite Pellegrini: Sono convinto che debba essere il mercato a premiare i comportamenti trasparenti delle imprese, in un capitalismo evoluto. Vita: In che senso? Bellavite Pellegrini: Gli investitori istituzionali, che sono un soggetto tipico del capitalismo evoluto, tendono infatti a premiare i comportamenti trasparenti con il loro potere di influenza sulle società nelle quali investono. Penso anche ai fondi etici, che potrebbero inserire nei criteri di valutazione, ad esempio, la presenza di amministratori indipendenti nel cda. In Italia però il controllo delle società è ancora troppo concentrato per dare spazio ai fondi di investimento, che del resto non si sono dimostrati finora molto attivi. Secondo una ricerca condotta qui in Cattolica, nel 2000 gli interventi dei fondi nelle assemblee societarie sono stati meno di dieci. Ida Cappiello Input Csr Europe è una rete di imprese impegnate a diffondere la cultura della responsabilità aziendale. Il loro portale è www.csrwire.org


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA